Classe ’93, arbitro dall’età di 16 anni, Dario Grossi è uno dei direttori di gara del Lazio che si stanno mettendo in luce figurando tra i migliori della nostra serie A. Domenica scorsa ha avuto una grande gratificazione essendo stato designato per arbitrare la finale della Coppa Italia di A2 femminile tra Bartoccini-Fortinfissi Perugia e Futura Giovani Busto Arsizio, andata in scena a Trieste.
Il nostro focus di questa settimana è dedicato a lui.
Come ti sei avvicinato all’arbitraggio?
“Fin da quando ero piccolo sono sempre stato appassionato di pallavolo, questo grazie a mio padre che mi ha trasmesso la sua passione. Io nasco come giocatore, ma presto ho iniziato ad arbitrare le partite delle giovanili della mia società, la San Giustino Volley (Roma) ed ho subito capito che sarebbe stato il ruolo per me. Vedevo il gioco da un’altra prospettiva che mi appassionava e soprattutto mi divertiva, così a sedici anni ho deciso di fare il corso federale per diventare arbitro. Migliorando di partita in partita sono riuscito ad arrivare dove sono adesso. Continuo a giocare in una squadra amatoriale, i Black Magic, perché mi piace ancora moltissimo, ma ho comunque preferito dedicarmi seriamente all’arbitraggio”
Che emozioni hai provato quando hai capito di essere stato designato per una partita così importante?
“Sinceramente non me lo aspettavo, sono solo al terzo anno di serie A quindi per me è stata une bella emozione. Sono rimasto un po' sorpreso, ma credo di essere migliorato tanto in questa prima fase della stagione, anche grazie alla commissione arbitri che mi ha supportato, dalla quale continuo ad imparare molto, quindi un po' ci ho sperato”
Arrivare a match del genere, dopo un lungo percorso è sicuramente una grande soddisfazione. Le sensazioni di una finale sono ben diverse da qualsiasi partita di campionato e concentrarsi per riuscire a fare una buona prestazione è sempre difficile.
Le finali hanno un’atmosfera a sé, l’esordio in A1 è stato fantastico, ma questa è stata un’altra cosa – ci confessa Dario –.Nel pre-match ero veramente emozionato, lo stadio pieno, l’inno, il pubblico che canta ed il frastuono generale, per un attimo mi hanno paralizzato, ma appena sono salito sul seggiolone la pressione è svanita, il contesto sbiadito e la concentrazione era totale. Mi sono immerso completamente nella partita ed ho pensato solamente ad arbitrare al meglio delle mie capacità.
Il fischio finale di una partita di questa importanza è un momento in cui si possono tirare le somme. Un 3-0, comunque combattuto, cosa ti lascia come bagaglio di esperienza ?
“ la fine della partita è stata sicuramente una piccola liberazione, quando ho capito di aver fatto un buon arbitraggio (entrambe le squadre si sono complimentate per la prestazione di Grossi n.d.r) mi sono sicuramente rilassato e apprezzato appieno quanto stava accadendo. La cosa più importante è rimanere tranquilli perché se ti fai prendere dall’’emozione potresti incorrere in brutti scherzi e arbitrare male. Personalmente faccio tutto con l’obiettivo di divertirmi facendo una cosa che mi piace, perché solo così si riesce a dare il massimo e ad affrontare ogni tipo di match “
Quello degli arbitri sembra ora un movimento florido con molti giovani che si avvicinano a questo ruolo, che ne pensi del movimento? Quale consiglio daresti ai più giovani?
“Sono anni che collaboro con il comitato territoriale di Roma per formare gli arbitri del futuro, con l’attenzione rivolta ai giovani che ogni anno dimostrano si affacciano ai nostri corsi. Non ci fermiamo a coltivare solamente la crescita professionale, ma crediamo che sia molto importante riuscire a trasmettere i giusti valori per una crescita soprattutto umana dei ragazzi. Se vediamo qualcuno maggiormente appassionato e fortemente motivato cerchiamo di dargli coltivare al massimo la sua passione. Nel Lazio siamo fortunati, di giovani bravi e motivati ci sono tanti.”
Per i giovani è importante l’esempio, nella nostra regione di certo non mancano i modelli da seguire.
“ Ci teniamo particolarmente ad affinarne le capacità – ammette Grossi – i neofiti possono confrontarsi con persone di esperienza che arbitrano già ad alto livello. Dal canto mio, il consiglio che voglio dare è sicuramente quello prendere tutto con impegno ma al contempo con leggerezza, coltivare la propria passione senza demoralizzarsi da partite negative, nelle quali inevitabilmente incappano tutti, ma anzi imparare da esse. È importante andare a vedere le partite di alto livello e rubare con gli occhi per fare proprie le dinamiche di chi arbitra nei massimi campionati. Infine una cosa fondamentale è fare gruppo, perché se si instaura un bel rapporto anche fuori dal campo con i colleghi. In questo modo i sarà più semplice riuscire a creare un’alchimia che servirà anche in campo “.
Partite importanti come a finale che hai appena arbitrato richiedono la massima concentrazione e, come i grandi campioni dello sport, anche chi arbitra ha bisogno di alcune accortezze per performare al massimo. Dario quali sono i tuoi rituali prima di ogni partita ?
“ Scaramanticamente uso lo stesso fischietto da quando ho iniziato ad arbitrare, pur avendone di migliori non lo abbandono. Per me ha un valore affettivo inestimabile ed è ormai mio compagno fedele da 14 anni. Anche questa finale l’abbiamo fatta insieme, ma questa volta ho dovuto fischiare più forte del solito per farmi sentire dalle giocatrici in un palazzetto gremito da oltre 5500 persone” – confessa ridendo -.
Parlando del tuo futuro, hai qualche sogno nel cassetto?
“Io in questo momento insegno educazione fisica nella scuola primaria, ma è nel rettangolo di gioco che mi pongo i veri obiettivi, il primo, il più concreto, è quello di riuscire ad arbitrare una finale play-off importante, mentre il secondo è sia un obiettivo che un sogno nel cassetto, quello di arrivare in Superlega. Se poi mi chiedete di pensare veramente in grande, posso dire che arrivare alle Olimpiadi sarebbe veramente una soddisfazione incalcolabile”. Caro Dario spesso i sogni si avverano.